Gruppi, Lavoro con e attraverso i gruppi
Ove e se indicato, lavoro molto attraverso i gruppi, sebbene oggi il termine “gruppo” può essere molto aspecifico e vi sono molte persone che fanno gruppi nei modi più disparati. Va detto però che le dinamiche di gruppo sono estremamente delicate e potenti, e che è necessario aver fatto delle solide formazioni in cui si sia potuto conoscere il senso del gruppo al di là delle conformistiche idee su di esso.
Lavorare in gruppo può fornire veramente molti strumenti di conoscenza di sé e rappresentare un'esperienza molto intima ma al contempo molto rispettosa di una relazione fra sé e l’altro, profonda e autonoma al tempo stesso. S’impara anche come funziona una parte della mente non solo, o non sempre, individuale. Gruppo è anche poter attraversare gli aspetti difficili dello stare in con altri. Ma questo vale anche per i trattamenti individuali. Alcune esperienze di lavoro nei servizi psichiatrici mi hanno lasciato una memoria di possibilità di cura delle patologie gravi, di fiducia nel curare situazioni anche molto complesse e che la plasticità della mente possa aprire verso importanti miglioramenti; fondamentale in questo senso appare un lavoro sul soggetto e sulla famiglia, così come la presenza di una buona équipe di lavoro che devo sentire di avere attorno a me. È stato interessante da giovane lavorare come psichiatra a Londra e fare poi l'esperienza di ufficiale medico presso l'Esercito Italiano. Al termine di questi percorsi ho iniziato a lavorare nell’SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) dell'Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo (Milano) con un gruppo di psichiatri e psicoanalisti di grande caratura, coi quali abbiamo svolto almeno le seguenti cose: vita quotidiana in reparto di psichiatria, ben organizzato e con grande rispetto e fede in buone cure per i pazienti. Gruppi in SPDC, gruppi in CPS (Centri Psico-Sociali), trattamenti psicoterapici per pazienti gravi sull'esempio di Harold Searles ed altri, una ricerca sulle malattie psicosomatiche e altro ancora. Con i cambiamenti della Sanità e il progressivo trasformarsi dell'impegno psichiatrico in un meccanico prescrittorio di farmaci o in un rendicontare le spese a discapito delle necessità di trattamento, ma anche per un desiderio di dedicarmi a meno persone e meglio, presentai le mie dimissioni, lavorando così all'ABA e in comunità. D’altronde, nelle parole di Vincent Van Gogh: “Appena posso lavoro ai ritratti, io stesso penso che siano la parte migliore e più seria del mio lavoro”. Così scriveva il pittore olandese il 19 settembre del 1899 dall’Ospedale Saint-Rémy, dove si era fatto ricoverare. Il dedicarmi alla persona o al gruppo familiare non è estraneo o distante dal far ritratti; infatti vi è un soggetto visibile e uno invisibile, metaforicamente parlando, e il ritratto che siamo stimolati a fare riguarda maggiormente la parte meno visibile. Lavorai quindi nelle comunità, ambito che non ho mai del tutto abbandonato e dove ho fatto esperienze significative: ho iniziato a lavorare seguendo una naturale passione per la struttura comunitaria (il lavoro si è svolto al CeAS, alla Lighea e alla Redancia da cui avevo imparato molto anche per la presenza di maestri ispirati e generosi, e con una mia messa in gioco più evidente rispetto a quanto avveniva nel servizio pubblico. Nel mio libro Curare istituzioni che curano (Mimesis, 2009) viene descritta questa esperienza di cura dell'istituzione mediante il dispositivo del gruppo intermedio o gruppo allargato. Tale esperienza costituisce un punto di studio tutt'ora. Sono inoltre stato coordinatore del progetto di ricerca sulla residenzialità leggera che nel 2004 ha vinto i fondi per approntare una struttura residenziale per adolescenti . Ho attivo da cinque anni un gruppo psicoterapico psicoanalitico condotto dal sottoscritto e da tre un gruppo multifamiliare (modello del Prof. J Badaracco) condotto assieme alla dottoressa Francesca Borgogno . Mi tengo in contatto coi colleghi che hanno lavorato con Badaracco, come Andrea Narracci. Il modello comunitario in ogni caso mi sembra una buona metafora di molte situazioni cliniche. |
GIORNALISMO EMOTIVO: LABORATORI PER PERSONE CHE SI CIMENTANO CON PROGETTI GIORNALISTICI.
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